Spesso si sente parlare dei “difetti del vino” e dei sentori poco gradevoli che ne derivano, ma non è così scontato poter ricondurre tali difetti ad una classe di molecole, lieviti o batteri tali difetti.
Tra questi troviamo “la nota di Brett” o Brettanomyces: un lievito che durante la sua fase attiva può causare un difetto tra i più impattanti a livello sensoriale.
Anche se per lungo tempo tale aspetto veniva considerato come espressione di tipicità in alcuni vini, soprattutto francesi, a questo sentore si conviene una connotazione generalmente negativa.
Cos’è il Brettanomyces?
Il Brettanomyces è un lievito appartenente alla famiglia delle Cryptococcaceae;è uno tra i microrganismi più diffusi nelle bevande alcoliche (dopo il Saccaromyches) ed è tra i primi responsabili dell’origine di odori e aromi sgradevoli nel vino.
Tali olezzi presenti sono riconducibili a sentori ben precisi quali: sella di cavallo, sudore, orina di topo e straccio bagnato. Caratteristiche molto impattanti che vanno a standardizzare il prodotto da un punto di vista sensoriale e a declassarlo qualitativamente, a sfavore dell’esaltazione del varietale.
Il Brettanomyces non possiede solo una correlazione con il vino, ma anche con la birra, infatti tale ceppo venne classificato primariamente nel 1904 da mastri birrai.
Metabolismo del Brettanomyces
I polifenoli – di cui altre volte abbiamo già parlato su questo Blog – sono una classe di composti fondamentali che svolgono un ruolo primario in quanto responsabili delle differenze tra i vini bianchi e i vini rossi.
Durante la vinificazione tali composti vengono estratti dalle differenti parti dall’acino e si trasformano nel corso dell’affinamento e dell’invecchiamento del vino.
Il vino contiene numerose tipologie di composti fenolici responsabili delle variazioni olfattive e nel caso specifico del Brettanomyces. Questo lievito produce un fenolo volatile colpevole della deviazione aromatica tipica dell’effluvio di “stalla”: il 4-etilfenolo.
Il problema riscontrabile nel metabolismo di tale lievito non è unicamente circoscritto al profilo sensoriale, ma al fatto che è un microrganismo che “non viaggio da solo” e porta con se dei sottoprodotti da attività secondarie che possono incidere sulla salubrità del prodotto finale (come ammine biogene e acidità volatile).
Il Brettanomyces in cantina
Come tutti i lieviti, il Brettanomyces è presente già in vigna dove sia gli organi vegetali che il terreno possono ospitarlo. Dalla vigna alla cantina il passaggio è breve e la sua elevata resistenza all’alcool lo rende in grado di perdurare fino alla fase di affinamento, se non adeguatamente controllato.
Il Brettanomyces non è un problema confinato alle produzioni artigianali, alle fermentazioni spontanee o alle pratiche di vinificazione scelte, ma dipende soprattutto dalle condizioni igieniche in cui riserva l’ambiente di lavoro.
Una volta giunto in cantina questo microrganismo può colonizzare massivamente tutte le superfici e i materiali presenti in quanto molto sensibile alla porosità di questi, soprattutto del legno e delle vasche in cemento o in anfora non correttamente vetrificate.
Il pericolo maggiore resta purtroppo il legno, soprattutto se di botti e/o barrique usate, in cui il lievito si annida fino ad un centimetro di profondità. I contenitori di legno per loro natura sono difficilmente sterilizzabili e quindi rappresentano il mezzo di inquinamento più importante.
Bisognerà quindi operare in modo consapevole e attento sui vini da lungo invecchiamento che affinano in legno, la cui presenza riscontrabile di Brettanomyces è fondamentale.
La consapevolezza nell’agire è necessaria per la gestione del Brett, in quanto se presente in quantità ridotte, la “nota di Brett” non per tutti è percettibile come un difetto.
Sembrerà scontato ma…
Il Brett è sempre vivo, pronto attraverso il suo metabolismo a manifestare la deviazione. Dunque una volta individuata una botte contaminata non si deve mai procedere con un assemblaggio tra vini (contaminato e “pulito”).
Con il taglio non si deve pensare di ovviare al problema facendo abbassare la concentrazione al di sotto della soglia di percezione del 4-etilfenolo, perché in tal senso si produce l’effetto contrario, cioè si crea un vero e proprio inoculo che darà la possibilità al Brett di moltiplicarsi. Sommariamente, “allungarlo” per diminuirne la percezione olfattiva è assolutamente errato.
Controllo del Brettanomyces
Tra le pratiche di cantina più comuni per prevenire la crescita di questo lievito vi sono:
- aggiunta di anidride solforosa (unita al dimetildicarbonato) a cui il lievito è particolarmente sensibile;
- sanificazione degli strumenti di lavoro;
- monitoraggio durante le fasi chiave del processo attraverso analisi di laboratorio.
Il Brettanomyces e la Birra
Nella maggior parte degli stili di birra il Brett è considerato come un fattore contaminante, perché se gestito erroneamente è sempre pronto a virare su sentori sgradevoli.
Tuttavia esistono degli specifici stili birrari in cui l’intervento di tale lievito è indispensabile per caratterizzare il prodotto finale. Avviene quindi una scelta consapevole dei mastri birrai sull’utilizzo e la selezione di tale cultura durante la fase di fermentazione o di maturazione.
Gli stili di birra in cui è apprezzato l’utilizzo di questo lievito sono:
- Lambic: birra artigianale belga birra fermentata spontaneamente che deve il suo gusto complesso e acido alla presenza di Brettanomyces. Birre apprezzate anche per l’inconfondibile gusto forte di “invecchiato”;
- Monastero di Orval: uniche birre trappiste a cui il lievito viene inserito in fase di imbottigliamento;
- Birre statunitensi: i mastri birrai più audaci utilizzano il Brettanomyces come unico lievito per la fermentazione primaria.
Quindi, in questo caso, si può affermare che la presenza di tale lievito è elemento distintivo di uno stile voluto, dove la birra a livello organolettico acquisirà uno spettro più variegato nelle note di asprezza e complessità.
Per ulteriori approfondimenti sul tema Brettanomyces e Vino potete consultare questo link