Settembre è un bel mese per girare, se il tempo è favorevole. E l’attesa per i fine settimana è particolarmente fervida, sopratutto quando l’idea è quella di trascorrere anche solo qualche ora tra le montagne, per immergersi in una dimensione parallela a quella vissuta durante la settimana. Per caricare i polmoni, le vene e lo spirito di quella energia vitale che solo la natura e il silenzio sono in grado di elargire: una benzina naturale per continuare ad andare avanti.
Questa volta mettiamo nel mirino la Valle D’Aosta, prendiamo la Milano – Torino prima e poi l’autostrada A5, che collega il capoluogo piemontese al Monte Bianco, attraversando in pieno le montagne valdostane. Destinazione iniziale Pré Saint Didier, per ammirare l’orrido e la passerella sospesa nel vuoto. Vista mozzafiato e spettacolo davvero elettrizzante. Per completare in modo più goliardico la giornata, ci dirigiamo a Verrayes, per conoscere più da vicino La Vrille, una bella azienda valdostana, che unisce all’agriturismo una cantina dedicata alla produzione di vini tipici, guidata da Hervé Deguillame, nativo francese, ma valdostano nel cuore.
L’ideale sarebbe stato degustare con calma i vini di La Vrille prima di cena, scambiare due chiacchiere con il vignaiolo, visitare la cantina e fare due passi tra i vigneti, piccole bomboniere incastonate intorno all’agriturismo, appezzamenti di terreno ritagliati tra i pendii della montagna, dove ogni centimetro sembra disegnato da mani divine, in sinergia apparentemente perfetta tra la natura e il lavoro dell’uomo. Un equilibrio sospeso su un filo sottile, arricchito dal profumo di timo, tratto caratteristico del luogo.
Ma la Festa Dell’Uva di Chambave si è messa di mezzo e non siamo riusciti ad organizzare.
L’esperienza a La Vrille è stata in ogni caso indimenticabile, grazie ad una cena strepitosa consumata in Agriturismo, gestito dalle mani sapienti di Luciana (la cuoca), accompagnata dai vini di Hervé, che hanno esaltato le caratteristiche dei singoli piatti, regalando emozioni vere e indelebili.
Mangiare a La Vrille: La Cucina di Luciana
In generale, non mi piace esagerare nei complimenti o parlare di qualcosa in toni troppo entusiastici o esaltati.
Ma è difficile rimanere pacati dopo aver mangiato a La Vrille. Unica volta al momento, ma spero la prima di una lunga serie. Entrare nell’Agriturismo è già di per se un’esperienza, soprattutto se si è tra i primi ad arrivare e si ha l’opportunità di respirare a fondo l’area rustica di montagna, che pervade l’ambiente, gustando con gli occhi ogni singolo dettaglio dell’arredamento, girando tra i tavoli e curiosando tra le chicche enogastronomiche esposte (marmellate, mieli ecc).
Una sala calda, intima, rassicurante come poche. Il personale di sala è squisito, accogliente, attento ad ogni esigenza, presente, ma mai invadente.
Per raccontare dei piatti, potrei semplicemente dire che nonostante la cena fosse piuttosto sbilanciata verso alcune verdure che di base non mangio (rigorosamente provenienti dall’orto aziendale), ho trovato i vari piatti genuini, semplici e clamorosamente buoni. E proprio il connubio tra la semplicità e la qualità dei prodotti, che ha regalato emozioni autentiche e non così scontate da provare mangiando fuori. Mi capita a volte di girare per ristoranti a Milano e dintorni, alcuni anche noti e “venduti” come osterie, trattorie, ristoranti regionali e così via, iper recensiti su Tripadvisor, dove la bontà dei cibi e il rapporto qualità/prezzo non sono lontanamente paragonabili ad una realtà come questa.
Cosa abbiamo mangiato? Date un’occhiata alla lista qui sotto (alcuni dettagli gentilmente offerta da Luciana) e vi farete un’idea:
- Benvenuto con mocetta e torcettino dolce;
- Tartelette di pate brisée con cipolla, zucchine e prosciutto crudo alle erbe di montagna;
- Sosa (7 vedure dell’orto cotte nella loro acqua di vegetazione, profumate al timo con pezzetti di toma);
- Tagliatelle fatte in casa con semola di grano duro e uova dell’azienda con sugo di pomodori e melanzane al pepe Kampot e basilico;
- Faraona allevata in azienda, rollata e cotta sottovuoto a bassa temperatura ( circa 65° per 10 ore) e servita con il suo fondo bruno (ossa cotte per 24 ore) e una riduzione di Cornalin, il paté del suo fegato, un sauté di patate di montagna al pepe della Giamaica;
- Assaggi di fontina d’alpeggio (una stagionata due anni);
- Creme brulée di menta.
Tutti piatti fatti in casa, preparati e cucinati usando materie prime del territorio, alcune di queste prodotte in loco (a centimetro zero, come dice Luciana), altre provenienti da piccoli produttori valdostani. Pietanze semplici, senza orpelli o condimenti “spessi”. Essenziali se volete. Ma allo stesso tempo ricche di sfumature e note, persistenti, indelebili, infinite… Chapeau!
I Vini di La Vrille: I Vitigni raccontano il Territorio
Prima di parlare dei due assaggi, inquadriamo brevemente la cantina. Un ettaro e mezzo di vigneti, 18.000 bottiglie circa, Petit Rouge, Cornalin, Fumin, Gamay e Chambave Muscat come vitigni coltivati. Premi e riconoscimenti non mancano per i vini di Hervé, prodotti con il massimo rispetto verso le piante, con un uso di rame e zolfo contenuto.
Ci sono due aspetti che mi hanno colpito in particolare in questi due vini. In primis, entrambi mi hanno riportato alla mente le immagini dei vigneti ammirati prima di cena.
E il secondo aspetto riguarda la precisione, la quadratura, la pulizia estrema di entrambi i assaggi. Sono vini scolpiti nella pietra, calibrati, dove nulla è sopra le parti, fuori posto o eccessivo.
Vini che evocano il territorio, che fanno parlare ogni singolo centimetro dei piccoli vigneti di provenienza, che richiamano la freschezza del clima ed esaltano le caratteristiche delle uve con le quali sono fatti. Perché questa sorta di equilibrio perfetto di sensazioni non significa omologazione o costruzione a tavolino. Suona naturale, spontaneo, diverso. I vini parlano la stessa lingua, sono legati tra loro da un filo, pur esprimendo note e sensazioni differenti. Un legame forte e armonioso tra territorio e vitigni. Autoctono puro il Cornalin, autoctono “acquisito” (se mi passate il termine) lo Chambave Muscat. Un clone di Moscato bianco, certo, ma con una lunga tradizione e storia in Valle D’Aosta.
Due vini splendidi, degustati lungo tutta la cena in una sorta di micro degustazione. Grazie alla presenza in carta delle bottiglie piccole, abbiamo potuto sperimentare accostamenti tra i due vini con le varie portate. Una bella opportunità.
Chambave Muscat 2014
Giallo paglierino con riflessi dorati. Pulitissimo. Naso ampio e variegato. Note fruttate di albicocca, di agrumi, il timo è di casa, accompagnato da sfumature di salvia e da sentori balsamici. Ma escono fuori anche suggestioni dolci, di crema pasticcera. Un olfatto ricco, che va cercato di continuo, mai fermo alla stessa immagine e che nonostante l’annata, si dimostra impeccabile.
Convincente anche in bocca, dove mostra grande freschezza, equilibrio invidiabile e una beva molto piacevole, che non stanca mai. Ideale per quasi tutti i piatti assaggiati a cena. Ho assaggiato anche il 2015, molto promettente, ma chiaramente meno pronto e preciso del fratello maggiore. Il naso è già ricco, ma ha ancora qualche piccola sbavatura. In bocca mostra un volume maggiore, ma le note dure sono ancora leggermente prevaricanti. Tempo qualche mese e scommetto canterà melodie dolcissime.
Cornalin 2014
Che gran vino questo Cornalin! Non ne ho bevuti tantissimi in vita mia, ma qualcuno si. E questo sinceramente mi ha colpito in modo particolare. Una personalità spiccata, un vino che si fa ricordare esattamente per quello che è, per le sue caratteristiche primarie. Naso quasi pungente, che riporta alle montagna della Valle D’Aosta, al fieno e alle erbe tipiche di questi territori. Selvatico, ma fine, dritto, senza sbavature. Piccoli frutti rossi, spezie e ancora il timo a ricordarci dove siamo. In bocca, ritroviamo quelle caratteristiche già percepite all’olfatto, medio corpo e un tannino gradevole, di trama fine, ma ancora scalpitante, giovane nel donare un po’ di astringenza. Un vino non per tutti, ma che potrebbe stupire ed affascinare anche i neofiti in cerca di nuove sensazioni.
Speriamo di avervi fatto venire un pò di curiosità e voglia di visitare la Valle D’Aosta, anche dal punto di vista enoico ed enogastronomico. E se volete una guida a questi territori, piacevole da leggere, completa e ricca di spunti, esiste Vino in Valle di Fabrizio Gallino, in arte EnoFaber, di cui abbiamo già parlato qui, e che sono sicuro vi darà le giuste motivazioni. Buon Viaggio Winelovers!
Azienda Vitivinicola La Vrille
Hameau du Grangeon, 1
11020 Verrayes Vallée d’Aoste
E-mail: lavrille@gmail.com
Telefoni: +39 0166 543018 – +39 347 1165945
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