La Riviera Ligure di Ponente non è esattamente una terra conosciuta per le mille varianti vinicole. Essenzialmente i produttori sono piccoli, i terreni sono collinosi, abbastanza ripidi, pietrosi, difficili da coltivare e sicuramente necessitano di una dedizione particolare. Pigato, Vermentino e Rossese sono i prodotti tipici. I bianchi vengono generalmente più strutturati e sapidi rispetto ai colleghi toscani che tendono a privilegiare le note floreali a quelle fruttate liguri. Comparati poi, sempre per linee generali, a quelli sardi, io li trovo personalmente più raffinati, generalmente più bilanciati, meno giocati su caratteri estremamente connotanti come l’alcool o l’estrema mineralità.
Qualche anno fa durante una gita domenicale nei pressi di Imperia ho avuto la fortuna di essere ospitato presso la cantina Laura Aschero proprio in centro nel piccolo paesino di Pontedassio.
Una ventina di gradini che scendono da un portone affacciato sulla piazza del paese e portano in un ambiente d’altri tempi. Colonne e soffitti a volta racchiudono il cuore della produzione e dello stoccaggio dei tre vini prodotti. La location è suggestiva, perfettamente giocata tra cimeli e memorabilia di Laura e moderne attrezzature per la vinificazione a temperatura controllata.
La Storia di Laura Aschero
Chi era Laura Aschero? Beh la storia inizia negli anni 70 quando appunto Laura, moglie di medico, decide a 54 anni di ripristinare i terreni di famiglia e dedicarsi alla coltivazione della vite, in principio per vendere direttamente l’uva ai vinificatori, e creare così un secondo lavoro per il marito ormai prossimo alla pensione. Dai primi raccolti alle prime bottiglie il passo è breve per uno spirito che di star con le mani in mano proprio non era il tipo, e quindi ecco nei primissimi anni ’80 le prime bottiglie etichettate e vendute. Per ammissione diretta della nipote Bianca, i primi risultati erano soddisfacenti, ma non straordinari. Il potenziale però, quello si è manifestato da subito, e grazie alla collaborazione con un fidato enologo, assieme, hanno creato quelli che per me oggi sono tra i migliori bianchi di Liguria e probabilmente di gran parte d’Italia.
La storia si dipana negli anni ed è costellata di successi e riconoscimenti che testimoniano di come, assieme alle dimensioni aziendali, siano andate in crescendo anche qualità e carattere dei vini.
Era una sera di novembre quando Bianca mi ha aperto le porte della cantina e tra un assaggio e l’altro mi ha raccontato questa bellissima storia. Faceva freddo e i bianchi erano a temperatura perfetta per l’assaggio. Beverino fino all’inverosimile il Vermentino, Riviera Ligure di Ponente DOC, profumato senza essere ruffiano, aggraziato sulle note di fiori e frutta bianca. Ricordo distintamente una bocca piacevolmente acidula, più fruttata di quanto non si fosse percepito al naso.
L’alcool per quanto presente non si è fatto minimamente sentire, ma sicuramente è una delle ragioni di una persistenza veramente notevole. Solo in fondo in fondo, quando ormai il vino è sparito in gola rimane la sensazione minerale che richiama ancora vino. Ne ho un ricordo estremamente piacevole.
Pigato Riviera Ligure di Ponente DOC
Avevo assaggiato anche il Pigato naturalmente, sempre Riviera Ligure di Ponente DOC, che già alla vista si presentava con un carattere più preciso. Dorato anziché verdolino, ugualmente brillante, ma più carico. Ruotando il bicchiere gli archetti rimanevano più marcati e fitti, segno di una glicerina naturale superiore e probabilmente anche di qualche decimo di grado in più. Più vigoroso anche il colpo diretto al naso. Meno vario probabilmente, ma più complesso. Rispetto al Vermentino perde completamente la parte floreale, mantiene una parte centrale fatta di frutta bianca più matura, meno agrumata. In compenso fanno capolino, piccoli piccoli, i profumi della paglia e del miele. Andiamo al sorso. Ricco e corposo. In un primo momento mi viene da pensare che sia addirittura eccessivamente freddo perché mi pare stretto, chiuso, timido, rispetto a quello che aveva promesso al naso. Invece mi sbagliavo.
La magia sta nel secondo sorso, che trova la bocca preparata e si scalda direttamente a contatto con le papille gustative, evolve mano a mano che rimane li e quando se ne va ti ha raccontato una storia lunga una vita. Lui si che è sapido, ma è anche fruttato, è più alcoolico, ma anche più corposo, è più largo in bocca, ma con una acidità leggermente maggiore che lo alleggerisce. In pratica è una meraviglia.
Purtroppo, vista l’esigua produzione, del Rossese non ne era rimasta traccia, e credo sarebbe stato un grande assaggio, ma è rimasta come scusa per un secondo giro in cantina.
Dimenticare un Pigato in cantina..
A questo punto va fatta una confessione. L’anno al quale risale quella gita era il 2010. Assaggiavamo l’annata 2009. Ne comprai 2 casse, una di Pigato, una di Vermentino. Ne misi da parte 2 bottiglie, una per tipo, scommettendo sulla sorpresa nello stapparle dopo “un paio d’anni”tempo”, per ritrovarle evolute, più mature, più complesse. Le ho completamente dimenticate. In mezzo a tanti altri assaggi, tante altre bottiglie, tanti altri progetti e 3 traslochi… dimenticate e basta. Fino alla settimana scorsa..
Ritrovate in uno scatolone assieme ad alcuni rossi che giustamente dovevano rimanere ancora a lungo dimenticati. Mi sono dato un po’ del tonto perché a questo punto, dopo 6 anni, le davo per spacciate. Però erano state sempre conservate bene, coricate, togliendo la capsula il tappo era perfetto, così mi sono detto che minimo sarebbero state aperte, quantomeno assaggiate.
Vermentino Riviera Ligure di Ponente DOC
Il Vermentino è stata la vittima prescelta. Una cena casalinga, solitaria. Seppie in umido con piselli. Bicchiere da rosso per dargli tutta l’aria possibile, stappato una mezz’oretta prima e lasciato riprendersi. Credo non ne avesse bisogno. Colore perfettamente brillante, ovviamente il verdognolo dei riflessi di un tempo era passato ad un giallo vivo, ma assolutamente senza nessun segno di ossidazione. Al naso giusto un filo di chiusura, ma sono bastati 10 minuti per ritrovare ancora belle presenti le note che ricordavo floreali, più pastose certo, ma non appassite. Nuovi profumi si sono affacciati, qualche cosa dalle parti della cipria, leggera leggera.
Bocca invece decisamente più complicata rispetto a sei anni or sono. Qui decisamente niente fiori. Nuovi frutti, frutta esotica, frutta calda, frutta che ricorda le spiagge e l’estate, nonostante fuori piova tantissimo. Ecco, l’ho detto. E lo ripeto: il bianco di Laura Aschero tiene almeno 6 anni in bottiglia e ne esce cambiato. Non si può dire se in meglio o in peggio perché era squisito ed oggi lo è altrettanto, possiamo solo giocare a trovare le differenze. Un po’ come una donna che mai invecchia e solo diviene sempre più interessante.
Laura Aschero e i suoi Vini: Conclusioni
Io rimarrò convinto per tutta la vita che la similitudine tra la vite ed i suoi produttori sia quanto di più lineare possa esistere. Così come la pianta che cresce su terreno duro, con tanta competizione, che deve sforzare le radici in profondità e “faticare” per trarre il nutrimento, da ottimi frutti, ricchi di potenzialità e struttura, così il vignaiolo che lavora un terreno complicato e faticoso è testimone con il suo impegno di una determinazione ed un amore spropositato per il suo prodotto. Quell’amore arriva in bottiglia e rende immensa una materia prima speciale.
Quella è la passione, e ci sono tanti produttori che la testimoniano ogni giorno, che rende una bottiglia speciale.
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Azienda Agricola Laura Aschero
Piazza Vittorio Emanuele II, 7
Pontedassio, Imperia
Italia
Tel. +39 0183 710307
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Mob. +39 347 7561709
Fax +39 0183 299667
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