Alla scoperta del Flaccianello della Pieve: il grande Sangiovese di Panzano

Siamo a metà strada tra Firenze e Siena, nel cuore del Chianti Classico. Il mio sguardo spazia, dall’alto, sulla famosa Conca d’Oro di Panzano, uno di quei posti in cui le fantasie sull’ondeggiare delle colline vitate di chi ama il vino divengono realtà.

Panzano, la conca d’Oro del Chianti Classico

L’ampio gesto di una mano guida le parole di presentazione dello spettacolo cui assisto, percorrendo l’intera visuale dell’anfiteatro in cui si svolge, per poi dispiegare una grande mappa e indicare:

“Ecco Panzano, all’interno dell’area di Greve. Si sta studiando la suddivisione del Chianti Classico in zone più omogenee tra loro. L’obiettivo è l’introduzione delle Menzioni Geografiche Aggiuntive, che aggiungerebbero grande valore alla già raggiunta Gran Selezione. Per Panzano si vorrebbe un riconoscimento a sé stante, in virtù della sua storicità e della sua identità enologica”.

Così esordisce Giovanni Manetti, Presidente del Consorzio del Chianti Classico ma, anzitutto, titolare della più grande delle venti aziende agricole di Panzano:

Fontodi, con i suoi 170 ettari di proprietà, di cui 85 a vigneto, suddiviso in più vigne contigue,tutte all’interno della Conca d’Oro, in un ambiente pedoclimatico a dir poco unico.

Panorama Panzano - La Conca d'Oro del Chianti Classico

Panorama Panzano – La Conca d’Oro del Chianti Classico

Microclima e Territorio

Ogniqualvolta delle colline sono disposte a mo’ di anfiteatro, esse creano ciò che in Inglese è detto “sun trap”: il sole che entra al mattino vi resta intrappolato fino a sera, quando cala sensibilmente la temperatura.

Le escursioni termiche, favorite dall’elevata altitudine, tra i 350 e i 500 mt s.l.m., donano un’impronta particolare ai vini di Fontodi, che si può riassumere in una combinazione di eleganza e intensità aromatica, complessità e struttura, freschezza e longevità.

Il terreno è argilloso-scistoso-calcareo, ovvero quello tipicamente chiantigiano, noto come galestro: un’argilla che, con i movimenti della crosta terrestre, ha subito nel tempo pressioni tali da trasformarsi in roccia friabile.

È uno dei terreni più idonei alla viticoltura, particolarmente preferito dal vitigno Sangiovese, perché roccioso, ricco di minerali, ma anche argilloso, ben drenante, oltre che facilmente attraversabile dalle radici delle piante, che possono affondare di molto nel sottosuolo e trarne adeguato nutrimento.

Tutto questo si traduce in vini dai profumi decisamente intensi, di spiccata mineralità e persistenza gusto-olfattiva. Una summa di fattori che contribuiscono a rendere la conca una “riserva d’oro” per vini che si presentano come fedeli interpreti del territorio da cui originano.

È una fedeltà di cui si fa garante il tipo di approccio a tutte le fasi della produzione viticola ed enologica adottato da Fontodi.

Vigneti Fontodi e Territorio Conca d'Oro di Panzano

Vigneti Fontodi e Territorio Conca d’Oro di Panzano

L’azienda Fontodi

A partire dal 1990, l’azienda ha intrapreso un percorso che, nel giro di pochi anni, si è concretizzato in un vero e proprio regime di vita e di lavoro scandito unicamente dai tempi e dai modi dettati dalla natura.

Il principio-guida è la strutturazione dell’azienda come un organismo autosufficiente, che si autoalimenta con le proprie risorse interne, senza richiedere apporti esterni.

Così, ad esempio, grazie all’introduzione dell’allevamento di bovini di razza Chianina, il letame, unito ai residui di potatura delle viti, forma un compost con cui vengono fertilizzati i vigneti.

Gli animali, a loro volta, sono nutriti con fieno, grano e orzo coltivati sempre in proprio.

L’orzo, in particolare, si alterna alle leguminose tra i filari delle viti, per equilibrare la presenza di azoto nel terreno.

Aborriti e aboliti i pesticidi, nocivi per gli uomini che lavorano in vigna e per i milioni di microorganismi che animano la vita nella terra, occupando ognuno il proprio posto, in una serie di caselline concatenate e interdipendenti. Inutile aggiungere che Fontodi ha, ormai da tempo, la certificazione biologica.

Vigneti Cantina Fontodi

Vigneti Cantina Fontodi

Fare vini di qualità: il rapporto tra Natura e Uomo

Dal racconto di Giovanni Manetti viene fuori un sillogismo: fare vini di qualità è fare vini di territorio, per cui è necessario salvaguardare il territorio e la vita che vi è dentro.

Detto così, può sembrare semplice, forse perché semplice è stato a Fontodi capire che, per raggiungere alti livelli qualitativi, basta rimettere in moto il modello della “vecchia fattoria di una volta”, in cui l’uomo non è un invasore, bensì un partecipe della natura, un coordinatore ed esecutore di ciò che la natura indica di fare.

È, però, anche vero che la tradizione non deve rimanere statica ed essere, invece, assolutamente dinamica per consentire l’evoluzione in meglio.

La nascita del Flaccianello della Pieve: un grande Sangiovese

Ai piedi della famosa basilica Pieve di San Leonino, c’è un vigneto di proprietà di Fontodi, dove in epoca romana sorgeva un villaggio, il cui nome, Pagus (“piccolo villaggio”) Flaccianus (secondo alcuni “capo del villaggio”), oggi è ricordato nella forma italianizzata “Flacciano”.

Nel 1981, dai grappoli di Sangiovese provenienti da questo vigneto, nasce il vino destinato a rendere Fontodi uno dei pilastri della qualità vitivinicola italiana nel mondo, il Flaccianello della Pieve, imbottigliato con un’etichetta su cui è disegnata, in oro, la croce con il cosiddetto Nodo di San Giovanni incisa su un’antica lastra in arenaria conservata all’interno della chiesa.

Bottiglie Flaccianello della Pieve

Bottiglie Flaccianello della Pieve

Il significato iconografico è chiaro e perdura nel tempo, così come il nome del vino, sebbene, a partire dalla vendemmia 2001, esso non sia più il prodotto di un singolo vigneto, bensì di una selezione dei migliori grappoli di Sangiovese raccolti sulla parte più alta dei migliori vigneti di Fontodi.

Grappoli perfettamente sani e maturi, i più piccoli, quelli in cui il rapporto fra la polpa e la buccia degli acini è a favore di quest’ultima, affinché ne vengano vini più ricchi e strutturati, capaci di vivere ed evolvere per decenni e decenni.

Il ruolo di Franco Bernabei, “Mister Sangiovese”

Il merito del successo e delle soddisfazioni raggiunti va condiviso con l’enologo Franco Bernabei, non a caso noto in tutto il mondo con il soprannome di Mister Sangiovese.

Giunto a Fontodi nel 1979, da allora ne segue le pratiche di cantina, dove la cura e l’attenzione poste in vigna si ripetono, senza soluzione di continuità, ed è necessaria una competente supervisione delle strumentazioni e degli interventi umani in funzione del corretto svolgimento di tutte le fasi di elaborazione dei vini, dalla cernita delle uve alle fermentazioni fino alla maturazione e all’affinamento.

Come si lavora in Cantina

La cantina è disposta su livelli discendenti, in modo da operare per gravità e conservare il più possibile l’integrità naturale delle materie prime.

Fermentazione alcolica e macerazione avvengono in vasche d’acciaio, dotate di follatori, una coppia di piedi meccanici che, in modo estremamente delicato, immergono le bucce nel mosto e consentono l’estrazione delle sostanze senza dover ricorrere a rimontaggi con le pompe.

Questo sistema permette di avere macerazioni che, secondo la tipologia di vino, possono variare dai 20 ai 30 giorni, ma sempre abbastanza lunghe da poter estrarre polifenoli e antociani in modo ottimale: i tannini migliori, spiega Bernabei, si hanno quando l’alcol è già svolto e li assorbe.

Anfore in terracotta prodotte dalla famiglia Manetti dove affina il Flaccianello della Pieve

Anfore in terracotta prodotte dalla famiglia Manetti

Fondamentale è il mancato utilizzo di lieviti selezionati; la fermentazione parte spontanea, nel giro di 24 ore, grazie ai lieviti indigeni presenti sulle bucce, salvaguardati in vigna per ritrovare nei vini l’espressione identitaria del territorio.

Per lo svolgimento della malolattica, i vini seguono un iter diverso, a seconda che siano Chianti Classico, Vigna del Sorbo o Flaccianello.

Quest’ultimo, dopo la svinatura, è trasferito, per caduta naturale, in barrique, alcune delle quali hanno doghe piegate a vapore, tutte le altre a fuoco.

In entrambi i casi, terminata la fermentazione malolattica, il vino vi sosta per almeno un anno, con bâtonnage settimanali che, oltre a favorire l’autolisi dei lieviti, contribuiscono a una giusta integrazione del legno con il vino. Infine, le due parti vengono assemblate in terze barrique, per un tempo di due anni di maturazione.

L’uso del Barrique e le differenze sui vari campioni

L’esempio del sapiente utilizzo della barrique fatto a Fontodi basterebbe a porre fine all’oziosa diatriba fra i fautori e gli oppositori di quello che, troppo genericamente, viene definito vino “barricato” o “passato in legno piccolo” e che, troppo spesso, rischia di essere prevaricato dal legno stesso.

Manetti e Bernabei insegnano che il Sangiovese, tannico e delicato allo stesso tempo, necessita di legno francese di grana molto fine, adeguatamente stagionato, per evitare la cessione di aromi vegetali, e dalla tostatura leggera, in parte del tutto assente, per ridurre al minimo la copertura dei sentori varietali e delle caratteristiche che il territorio dà ai vini.

Barriques Cantina Fontodi

Barriques Cantina Fontodi

All’assaggio dei campioni, prelevati direttamente dalle varie pièce, si nota come quello proveniente dal legno trattato a vapore emani al naso guizzi di frutta fresca, di ciliegia croccante, e in bocca rilasci una tannicità leggera, già integrata con l’acidità, mentre in quello preso dal legno a fuoco si passa a una maggior complessità olfattiva, con accenni balsamici, ad una tannicità più spiccata e comunque elegante, in cui si avverte la tostatura, ma senza eccessi. Sono esseri viventi in gestazione…

Le conferme di quanto finora per lo più ascoltato e osservato sopraggiungono con le degustazioni di vini di svariate annate differenti, generosamente proposte da Giovanni Manetti. Eccone alcune…

Le varie Annate in Degustazione - Flaccianello della Pieve

Le varie Annate in Degustazione – Flaccianello della Pieve

Degustazione di Annate di Flaccianello della Pieve

Flaccianello della Pieve 2016

L’ultimo figliolo della famiglia Flaccianello della Pieve, il 2016, rivela nella sua scalpitante gioventù di avere tutte le carte in regola per divenire un autentico cavallo di razza, un vero fuoriclasse.

Risplende in un vivace abito rubino. Bouquet accattivante di sensazioni di humus e corteccia, ciliegia e frutta selvatica, menta, violetta e ancora liquirizia, macis, cannella e cedro.

Il palato vibra all’assaggio per l’incredibile acidità supportata da una fitta, superba, trama tannica. Struttura piena, finale di indicibile lunghezza. Maturato 6 mesi in botte grande, 18 in barrique e, per la prima volta nella storia di questo vino, una parte ha sostato in anfore di creta.

Flaccianello della Pieve 2012

Maturato 24 mesi in barrique, il 2012 conserva luminosità, mentre la compattezza del rubino inizia a cedere verso sfumature granato.

Ampio l’olfatto, apre con decise nuance di ribes e visciole sotto spirito, pian piano si fa avanti il sottobosco, raggiunto da spezie dolci e cenni di erbe aromatiche, fiori appassiti, cuoio e tabacco. Arricchiscono il quadro pennellate balsamiche e di china.

Alla complessità olfattiva corrisponde potenza gustativa. Il sorso si appaga nella progressione con nobili tannini e gradevole freschezza. Nell’insieme, le componenti si muovono in simbiosi verso un finale dai ritorni fruttati.

Bottiglie annata 2016 di Flaccianello della Pieve

Bottiglie annata 2016 di Flaccianello della Pieve

Flaccianello della Pieve 2006

Sono passati 14 anni e il Flaccianello 2006 non smentisce il successo di critica e i punteggi altissimi che riscosse al suo apparire. Figlio di un’annata caratterizzata da una combinazione di eventi inusuali: primavera ed estate calde, ma senza eccessi e, poi, a partire da fine agosto, 30 gradi di temperatura di giorno e 10 di notte.

Ne è risultato un vino di importante struttura, di elevata gradazione alcolica (15%) e, allo stesso tempo, di grande freschezza.

Di colore rosso rubino tendente al granato, dona al naso evidenti componenti fruttate, di arancia rossa fresca, e poi soffi floreali, mentolati, di erbe officinali. S’intravede un supporto fatto di humus e muschio. In bocca sorprende per ricchezza e struttura. Notevole il tannino per quantità e qualità. Freschezza ben integrata e lunghissimo finale sapido.

Flaccianello della Pieve 2001

È d’obbligo non tacere sull’annata 2001, quella della svolta, quando il Flaccianello diviene l’espressione del miglior Sangiovese in assoluto di tutta Fontodi.

Manetti la presenta come l’annata dell’equilibrio, climaticamente perfetta, molto regolare, con un andamento dello sviluppo vegetativo delle viti senza picchi né sbalzi. Tutto ciò ha trovato riflesso in vini piacevoli da subito, ma capaci di invecchiare, caratterizzati da un ottimo bilanciamento di tutte le loro componenti.

Oggi questo vino regala alla vista la gioia di un bellissimo color granato compatto, e all’olfatto deliziosi profumi che ricordano il bastoncino di liquirizia, l’alloro, il mirto. Ha la solarità della macchia mediterranea.

Si dona generoso alla bocca, proponendo un tannino rotondo, dopo un attacco avvolgente, senza perdere, tuttavia, freschezza e sapidità che, nel finale, ripuliscono il palato, lasciando un senso di leggerezza.

Inutile a dirsi, pensare a Fontodi significa pensare a Panzano e al Flaccianello, ovvero al Sangiovese di Panzano, come realtà inestricabilmente interdipendenti fra loro.

Per acquistare i vini raccontati in questo splendido articolo, puoi cercare al seguente link le offerte e i Prezzi del Flaccianello della Pieve su web.

Azienda Agricola Fontodi
50022 Panzano in Chianti
Tel: +39 055 852005
E-mail: fontodi@fontodi.com
Sito Web Fontodi

Nata all’ombra del Vesuvio, cresciuta tra il mare e la campagna della Riviera d’Ulisse, da grande sono stata adottata dal Lago di Como. Da bambina amavo annusare tutto ciò che la natura e le cucine di mia madre e di mia nonna sapevano offrirmi; percepivo e riconoscevo anche i più flebili odori, buoni e cattivi; mi divertivo un sacco a giocare con i sapori, a tapparmi e stapparmi il naso mentre mangiavo, per sentire quelli che poi avrei imparato a chiamare “aromi”. Finché, un giorno di ormai tanti anni fa, qualcuno che amo molto mi ha detto che con queste capacità avrei potuto seguire un corso e diventare una brava Sommelier... L’ho fatto, e ho trovato il mio posto nel mondo, una casa nell’universo del vino. Oggi sono Wine Master Sommelier, guido degustazioni, insegno nei corsi sul vino, ne scrivo, ne parlo....ma, al di là dei titoli e dei ruoli, mi piace considerarmi semplicemente una persona che, con sempre crescente passione, vuol contribuire alla diffusione della straordinaria Cultura del Vino.

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Nata all’ombra del Vesuvio, cresciuta tra il mare e la campagna della Riviera d’Ulisse, da grande sono stata adottata dal Lago di Como. Da bambina amavo annusare tutto ciò che la natura e le cucine di mia madre e di mia nonna sapevano offrirmi; percepivo e riconoscevo anche i più flebili odori, buoni e cattivi; mi divertivo un sacco a giocare con i sapori, a tapparmi e stapparmi il naso mentre mangiavo, per sentire quelli che poi avrei imparato a chiamare “aromi”. Finché, un giorno di ormai tanti anni fa, qualcuno che amo molto mi ha detto che con queste capacità avrei potuto seguire un corso e diventare una brava Sommelier... L’ho fatto, e ho trovato il mio posto nel mondo, una casa nell’universo del vino. Oggi sono Wine Master Sommelier, guido degustazioni, insegno nei corsi sul vino, ne scrivo, ne parlo....ma, al di là dei titoli e dei ruoli, mi piace considerarmi semplicemente una persona che, con sempre crescente passione, vuol contribuire alla diffusione della straordinaria Cultura del Vino.


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