Poco fuori Brescia, all’ombra delle famosissime cave di marmo di Botticino, esiste una delle tante micro-DOC che gli italici disciplinari hanno creato.
La Botticino DOC nasce nel ’68 e comprende un territorio stretto tra San Zeno e Rezzato, praticamente il tempo di una passeggiata.
Parte del territorio è occupata da montagne e quindi difficilmente coltivabile, anche se qualche terrazzamento qui e li si scorge ancora oggi.
E’ un suolo abbastanza ricco di calcare e lo si ritrova perfettamente nel vino, così come in generale possiamo azzardare una componente ferrosa che soprattutto nelle espressioni più strutturate, i “riserva“, apporta qualche nota ematica.
Del Consorzio a tutela di questa piccola DOC fanno parte una quindicina di piccoli produttori, che per imbottigliare il Botticino nelle due versioni “base” e “riserva“, devono produrre all’interno dell’azienda tutte e quattro le uve previste dal disciplinare.
Va detto che le proporzioni tra i vari vitigni sono talmente variabili, che risulta difficile trovare un filo conduttore comune tra le varie bottiglie:
- Barbera: 30.0% – 60.0%
- Marzemino: 20.0% – 50.0%
- Sangiovese: 10.0% – 40.0%
- Schiava gentile: 10.0% – 40.0%
In più, è possibile condire il tutto con massimo il 10% di uve rosse permesse in Lombardia, quindi in pratica i produttori hanno una tavolozza di colori per potersi esprimere, decisamente vasta e variegata.
Uno dei produttori ad avermi colpito anni fa è stato Noventa, che in quarant’anni di storia ha cercato, e devo dire con un certo successo, di perseguire un tipo di coltivazione e produzione votata al minor uso possibile di chimica, tanto in vigna quanto in cantina. Grazie ad una buona esposizione ed un’altitudine dei vigneti di circa 450m s.l.m, la cantina beneficia di fresche brezze che contribuiscono a creare un clima ideale per le viti, rendendo meno necessari gli interventi, che vengono comunque eseguiti solo con prodotti naturali, sia in pianta che per l’inerbimento dei terreni.
Noventa produce ben quattro varianti di Botticino, tra superiore e base, ciascuna con una particolare scelta del rapporto tra i vitigni. Andiamo dal più giovane e fresco Ca’ del Roccolo, con un saldo maggiore di Schiava Gentile, fino al Gobbio, affinato almeno 36 mesi in rovere e prodotto in prevalenza con Barbera e Sangiovese.
Se è vero che “in media stat virtus” non sbagliamo a considerare il Pià della Tesa quale espressione più rappresentativa della cantina. Figlio di vendemmia leggermente tardiva, il vino è composto in prevalenza da Barbera e Sangiovese provenienti da un vigneto appena sotto la cava di marmo di Botticino. Il terreno marnoso e la buona quantità di zuccheri portati in cantina dai grappoli selezionati garantiscono al vino un carattere deciso ma setoso.
La forza e l’acidità della Barbera colpiscono subito al naso, che regala piacevoli note di ciliegia e melograno con un profumo leggermente balsamico che esce solo se lasciamo che il vino raggiunga una giusta temperatura di servizio.
Di colore ne abbiamo in abbondanza, squillante, vivo, un bellissimo rubino che non si affievolisce nell’unghia che anzi mantiene riflessi quasi sanguigni. Da notare che la nostra bottiglia arrivava direttamente dal 2007, annata particolarmente fortunata, e quindi un accenno di aranciato proprio nella parte terminale dell’unghia è più che giustificato.
Nonostante gli anni di questo campioncino, in bocca si presenta decisamente composto ed ancora ricco di acidità. Rispetto al vino appena immesso in commercio, sconta una bocca leggermente più magra, ma offre una complessità decisamente superiore. Oltre alla frutta rossa matura ed alle note ben riconoscibili del Sangiovese, ci stuzzica il sentore ematico che prende piede nel retrogusto mano a mano che il vino comincia a respirare nel bicchiere. Il sorso è molto elegante, setoso, giustamente alcoolico e molto molto pulito, preciso.
Estremamente piacevole in abbinamento, come abbiamo fatto, con un bel filetto alla brace, perché in grado di asciugare la grassezza con il buon tannino, ed accompagnare la ferrosità naturale della carne al sangue.
Ad onor di cronaca, se riusciste a procurarvi una bottiglia con qualche anno sulle spalle, dovreste dargli una possibilità anche fuori dal pasto, accompagna benissimo una chiacchiera di fronte al camino.