Questa sarà la storia breve di una bevuta solitaria che tanto ha giovato allo spirito, alla gola, e poco ha intaccato il portafoglio.
Era il lontano 2012, quando di ritorno dalla visita ad altra apprezzatissima cantina di Gavi, passai inconsapevolmente l’incrocio con la stradina che, tenendo il castello alle spalle, si stacca bruscamente sulla destra e porta dritta alla cantina La Chiara, azienda di Dario Bergaglio.
Allora, i lavori di ammodernamento, che ne fanno oggi una struttura estremamente accogliente e tecnologicamente moderna, non erano ancora iniziati, o forse si ma da pochissimo, non ricordo esattamente. Quello che ricordo bene è l’accoglienza ricevuta. Pareva ci si conoscesse da anni. Ho conosciuto un ragazzo estremamente appassionato e nonostante questo, dotato anche di un forte rigore riguardo le scelte. Parlantina sciolta, estremamente gioviale. Sarà che Dario è così di natura? Non so, non ho più avuto il piacere di rivederlo, perché fortunatamente, ma inconsapevolmente, avevo fatto scorta dei suoi prodotti e piano piano, nel corso di questi anni sono finiti. E più avanti vi parlerò appunto dell’ultima bottiglia rimasta.
Giusto per darvi una nota di quanto li abbia apprezzati, nel mentre, vi racconterò un piccolo aneddoto che immagino vi aiuti a capire quanto di buono abbia trovato in questa cantina: i brindisi del matrimonio di mia sorella sono stati fatti tutti con il magnum del suo metodo classico: La Chiara Brut. Ed essendo più di cento invitati tra amici e parenti, potete fare rapidamente i calcoli di quante bottiglie sono state aperte e apprezzate. Questo vino in due parole: fresco, elegante, secco, dissetante, grande personalità, ma anche perfetto equilibrio. Assolutamente non un Franciacorta, molto più particolare, non certo un Trento Doc, più avvolgente e “caldo”, è un metodo classico con la sua anima, sana e genuina, che dà la paga a bottiglie ben più blasonate. Ok non sono due parole, ma valeva spenderle.
Torniamo a parlare dell’Azienda Agricola La Chiara. L’estensione dei vigneti è ragguardevole. Più di 20 ettari coltivati su suoli decisamente variegati, che vanno dalla ghiaia all’argilla, fino al calcare. Con una tale ricchezza, è anche comprensibile che la quantità di tipologie prodotte sia numerosa. Tutte varietà tipiche del territorio, e parliamo di quella lingua di terra stretta giusto ai piedi dell’Appennino Ligure, tra Alessandria ed appunto Gavi.
Dario produce spumante Metodo Classico, come abbiamo detto, sia bianco che rosato (altra chicca devo dire), Monferrato Rosso in due varianti, un Cortese (il Valeggio, vino frizzante bianco), Dolcetto, Barbera, chiudendo con un Passito ed una Grappa distillata ovviamente dalle sue vinacce.
La bottiglia della quale voglio parlarvi è una Barbera, la Barbera del Monferrato DOC Bricco Bicocco, annata 2011. Il prezzo esatto sinceramente non lo ricordo, ma incredibilmente basso, in assoluto e soprattutto per la qualità del vino in questione.
La Barbera Bricco Bicocco nel Calice…5 anni dopo
Aperto a distanza di quattro anni, e nonostante l’avessi giudicato già pronto quando lo assaggiai la prima volta (sempre siano benedetti gli appunti presi durante le varie degustazioni), avevo annotato però anche una certa “scompostezza”, una ruvidità che allora avevo attribuito ad una lavorazione forse meno raffinata di quanto meritasse, ma leggo anche una postilla: “da riprovare tra un paio d’anni ++ potenziale”.
Non dovrei dirlo forse, ma… avevo assolutamente ragione. Bottiglia praticamente dimenticata in cantina, sullo scaffale delle bottiglie “da aspettare”, mi è ritornata in mano la scorsa settimana e notando essere l’ultima bottiglia di La Chiara, ho deciso che fosse venuto il momento di darmi una scusa per tornare a passare in cantina. Così l’ho portato in casa, cantinetta per una settimana a 14° costanti.
Stappato venerdì sera, in accompagnamento ad un carpaccio di fassona con ricotta affumicata e pomodorini al rosmarino.
Nella mia testa, l’acidità unita al corpo snello della Barbera avrebbero fatto da compagne all’affumicato leggermente grasso della ricotta, lasciando al tannino lo sposalizio con le note ematiche del carpaccio. Speravo che negli anni avesse addolcito e amalgamato i tanti fattori che avevo sentito anni prima, non contavo tanto su un sorso lunghissimo, ma mi auguravo seriamente che i profumi che tanto mi avevano colpito fossero ancora tutti lì.
Magia. Era ancora tutto ben racchiuso nella bottiglia. Tutto ed anche di più. Più unito, più educato, più maturo certamente, più armonico e con ancora più carattere. Per iniziare, il colore. Decisamente violaceo, di rossori o mattonati nemmeno l’ombra. Impenetrabile, scuro, ma lucente. Poi il profumo. Intenso, fresco, tipico della Barbera vinificata con coscienza, senza cercare di farne un qualche cosa che non è. Mirtillo, mora, quella punta di acido che segue la prima nota dolce. Puntinato qui e là di tamarindo, di viola, e forse anche di garofano, a tratti.
Confesso di essere stato sorpreso. Non era assolutamente nelle mie aspettative trovare un vino così onestamente complesso. Un conto è la stima per una cantina ed il suo operato, un conto è scoprire un vino decisamente migliore di quanto ricordassi, e come detto, lo ricordavo buono già allora, non speciale, ma buono.
A questo punto, ne prendo un sorso sperando che non mi rovini la poesia rivelandosi un po’ più corto del dovuto. Tutt’altro. Non è più un giovincello, è cresciuto ed ha messo senno in capo. Da bravo ometto, si appoggia al palato con la forza schietta della Barbera, ma poi si allarga, riempie senza invadere. Si lascia apprezzare senza strafare. Coerente con il profumo, anche in bocca si presenta ricco di frutta di sottobosco, poi qualche terziario più evoluto, dalle parti della cannella e del chiodo di garofano in modo più evidente. Stranamente, sul finale, non chiude il suo retrogusto con una banale tendenza alla prugna, ma ritornano le more e la loro punta acida, che puliscono la bocca e ti obbligano a versare il secondo calice.
Ancora una volta, una bellissima bottiglia. Ancora una volta, tocca segnare a calendario una visita in cantina dalle parti di Gavi all’azienda La Chiara.
PS: essendo solo soletto, la bottiglia è rimasta aperta ben 4 giorni. Tappata, con apposito tappo sotto vuoto, è rimasta assolutamente godibile fino all’ultimo sorso, segno di lavoro onestissimo in cantina e grande materia prima portata a casa dalla vigna! Bravo Dario. Grazie e ci vediamo presto.
Azienda Agricola La Chiara
Località Vallegge 24/2
15066 Gavi AL, Italia
Telefono +39 0143 642293
email: info@lachiara.it
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